WEB REVOLUTION

Arpanet


A quarant’anni dalla nascita Internet allarga i suoi orizzonti. Secondo un portavoce di Icann, l’organizzazione no-profit che supervisiona i domini della Rete, nel giro di un anno gli indirizzi web potrebbero essere scritti anche in lingue diverse dall’inglese.

Nel linguaggio del web i domini sono le sigle che stanno dietro a qualsiasi sito, indirizzo mail o post di Twitter. I vertici Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) stanno per riunirsi a Seoul e tenere una riunione sull’argomento.

Tra le ipotesi sul tavolo circola quella di consentire agli utenti di digitare gli indirizzi web in caratteri appartenenti ad alfabeti diversi dal latino come il cirillico, l’arabo, il coreano, il greco o il giapponese.

“Questo cambiamento potrebbe essere la più grande rivoluzione che Internet abbia mai conosciuto in 40 anni”, ha detto ai giornalisti Peter Dengate Thrush, presidente del consiglio di amministrazione di Icann. “Si tratta di una nuova, complessa funzionalità del web.

Internet affonda le sue radici nel 1969 con gli esperimenti su ARPANET, una rete di computer voluta dal ministero della difesa degli Stati Uniti. Tuttavia solo a partire dai primi anni ’90 il web è uscito fuori dalla cerchia degli accademici per raggiungere il pubblico di massa.

Oggi oltre un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo si collegano alla Rete. Se la proposta in esame a Seoul dovesse essere applicata, Icann spalancherebbe le porte di Internet a una mole di persone rimaste finora ai margini del web.

“Più della metà degli utenti di Internet - ha spiegato Rod Beckstrom, amministratore delegato di Icann - parla una lingua scritta con caratteri diversi dall’alfabeto latino”.

Bookmark and Share

FOREVER YOUNG

Brain Activity


Non è vero che trascorrere tempo sul web è da debosciati. Secondo uno studio pubblicato qualche giorno fa negli Stati Uniti le persone avanti con gli anni che dedicano una fetta della propria giornata a girovagare nei meandri della Rete mantengono lucidità e rallentano l’invecchiamento della mente.

La notizia arriva dall’università della California, dove un gruppo di ricercatori del Semel Institute for Neuroscience and Human Behavior ha scoperto che gli adulti che amano “surfing the internet” (navigare sul web) tendono a migliorare le funzioni cerebrali dopo pochi giorni.

“Abbiamo preso - ha svelato Gary Small, uno degli autori dello studio - un campione di persone dai 55 ai 78 anni che non hanno molta dimestichezza con Internet. Abbiamo notato che dopo appena una settimana di uso del web hanno sviluppato un’intensa attività in alcune zone del cervello, in particolare nelle aree che fanno prendere le decisioni. La spiegazione è semplice: quando facciamo ricerche in Rete, prendiamo velocemente un sacco di decisioni”.

La tesi di Small ha trovato sostegno in Florida. “L’analisi conferma l’importanza dell’uso di internet anche per le persone anziane”, ha detto Paul Sanberg, direttore del Center of Excellence for Aging and Brain Repair dell’università di Tampa.

Lo studio californiano, spiegano gli esperti, non fa altro che adattare al mondo di oggi il concetto di “use it or lose it” (o lo usi o lo perdi) riferito al cervello.

“Anni fa - ha raccontato Richard Lipton, professore dell’Albert Einstein Medicine College di New York - abbiamo scoperto che le persone abituate a tenere allenata la mente con attività come fare puzzle o cruciverba, scrivere, leggere o giocare a scacchi, riescono a farla funzionare in modo più brillante e a invecchiare più lentamente”.

Bookmark and Share

KILL AND PAY

Hanging


La pena di morte costa soldi a palate agli Stati Uniti. Secondo uno studio pubblicato qualche giorno fa in America, negli Stati in cui la pena capitale è prevista dalla legge i contribuenti possono arrivare a spendere fino a 30 milioni di dollari per l’iter di ogni esecuzione, anche quando questo non è portato a termine.


In tempi di recessione economica il rapporto, intitolato “Smart on Crime” e divulgato da Death Penalty Information Center, è destinato a far discutere. “In un momento storico come questo - ha osservato Richard Dieter, direttore dell’istituto - abbiamo dubbi che qualche congresso introdurrebbe la pena capitale da zero. Si scontrerebbe con la realtà dei fatti: per ogni detenuto messo a morte il contribuente può sborsare milioni e milioni di dollari. Il procedimento che porta all’esecuzione dura anni e spesso non arriva a compimento”.


Dieter ha precisato il significato delle sue parole. “Solo un processo per la pena capitale su tre arriva a una sentenza di condanna. Questo significa una spesa per lo Stato di almeno tre milioni di dollari”. Ancora: nello studio si legge che “solo una sentenza di condanna a morte su dieci viene di fatto eseguita. Nel frattempo passano gli anni e i cittadini sborsano fino a 30 milioni di dollari”.


Il rapporto invita a riconsiderare l’efficacia deterrente della pena di morte, ammessa in 35 Stati americani su 50. Tuttavia secondo un sondaggio di una settimana fa, ricorda l’agenzia Agence France Press, il 65% degli americani ha dichiarato di essere a favore della pena capitale. Negli ultimi tempi il Colorado è andato vicino all’eliminazione della pena di morte, abolita soltanto in New Mexico a marzo.

Bookmark and Share

fotocamera ciondolo


Se stessi come film da guardare in prima serata. Una compagnia britannica ha messo a punto una macchina fotografica da portare a mò di ciondolo che permette di registrare ogni momento della propria vita per poi scaricare tutto sul computer e condividerlo con gli amici.

“ViconRevue” in origine era pensato per aiutare i malati di Alzheimer a ricordare le immagini viste durante la giornata. L’oggetto prodotto da Vicon promette ora di trasformare il consumatore in un giapponese pronto a fotografare qualsiasi cosa si muova.

fotocamera ciondolo2


L’apparecchio farà impazzire chi considera la propria routine quotidiana come la trama di un telefilm basato su una sequela di fatti talmente unici che il prossimo non può fare a meno conoscere. L’utente diventerà un “lifelogger”, ovvero qualcuno che cerca di registrare in formato digitale più porzioni possibili della propria esitenza.

Il gingillo allacciato attorno al collo scatta automaticamente una foto ogni 30 secondi ed è dotato di accelerometro per catturare l’istantanea quando qualcuno entra all’improvviso in un ambiente. La tecnologia a infrarossi consente di rilevare il calore della persona che parla davanti alla fotocamera.

La macchina costerà poco più di 500 euro ed è dotata di un gigabyte di memoria che permette di archiviare 30 mila immagini. Chi non vede l’ora di imprigionare la vita in un Grande Fratello dovrà attendere il nuovo anno, quando il prodotto arriverà nei negozi.

Bookmark and Share

AUSCHWITZ MEMORIAL

Auschwitz_II_snow

Amico di Auschwitz. Il museo del più conosciuto campo di concentramento aperto dalla Germania nazista lancia un profilo su Facebook e punta a raggiungere le nuove generazioni, invitandole a discutere e a lasciare commenti sull’Olocausto.

Da qualche giorno sul social network è apparso il gruppo dedicato al museo di Auschwitz. Gli utenti potranno dare un occhiata al profilo Facebook del lager polacco per dire la loro sull’argomento e imparare qualcosa in più sulla storia del campo di concentramento, dove tra il 1940 e il 1945 furono uccisi oltre un milione di ebrei.

Nei 5 anni di vita del social network centinaia di utenti hanno creato gruppi dedicati ad Auschwitz, ma nessuno di questi è riferibile al museo in Polonia. Ora che l’organizzazione dietro al lager è scesa in campo sul web, sarà possibile seguire dibattiti e approfondimenti cercando il profilo “ufficiale” con le parole chiave “Auschwitz Memorial”.

La pagina Facebook di Auschwitz è già un successo: oltre mille persone hanno deciso di seguire il gruppo al primo giorno di lancio sul social network e il numero degli iscritti sale di ora in ora. Centinaia di utenti hanno lasciato lo stesso semplice messaggio, scritto in inglese, ebraico e polacco: “Never Again” (mai più).

“Si tratta di un esperimento e devo dire che ha largamente superato le nostre aspettative”, ha raccontato all’agenzia Associated Press Pawel Sawicki, portavoce del museo. “Facebook è lo strumento che milioni di ragazzi di tutto il mondo usano per comunicare. Se vogliamo raggiungerli, dobbiamo imparare a conoscere le loro abitudini”.

Il gruppo di Auschwitz si aggiunge alle altre pagine Facebook sull’argomento. Il museo dell’Olocausto di Washington ha aperto il profilo nel 2008 e conta oltre 5.500 sostenitori. Il centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme vanta più di 2000 iscritti su Facebook e da poco ha creato un account su Twitter.

Bookmark and Share

MANHATTAN HOME

Times Square


Chi vuol comprare casa a Manhattan si faccia avanti perchè ora conviene. Nel terzo quadrimestre del 2009 il settore immobiliare della Grande Mela si è risvegliato e i prezzi medi degli appartamenti sono calati di oltre il 10 % rispetto allo stesso periodo di un anno fa, facendo schizzare le vendite del 45% in appena quattro mesi .

Questo non vuol dire, spiegano gli esperti all’agenzia Reuters, che il settore sia uscito fuori dalla crisi. La notizia però resta una boccata d’ossigeno in mesi di recessione economica: i prezzi degli appartamenti a Manhattan erano saliti fino alla seconda metà del 2008, per poi crollare in media del 25-30% nel periodo successivo.

Nel 2008 le difficoltà dell'economia americana avevano messo in ginocchio il mercato immobiliare in molte città degli Stati Uniti, ma non a Manhattan, dove il settore aveva retto fino al collasso di Wall Street, iniziato con il fallimento della società Lehman Brothers, avvenuto a settembre.

“Da quel momento i prezzi sono scesi di 25-30 punti percentuale. In altre città il crollo è arrivato addirittura fino al 50%”, ha spiegato Jonathan Miller, presidente della società di consulenza immobiliare Miller Samuel.

Risultato: per comprare un appartamento in centro a New York ora basta sborsare in media poco più di 900.000 euro (e si risparmia il 10,6% rispetto allo stesso periodo di dodici mesi fa).

Al metro quadro una casa a Manhattan arriva sui 6800 euro, il 16,5% in meno in confronto all’anno passato.

Bookmark and Share

RESTAURANT IN YOUR LIVING ROOM

Restaurant in your living room


In Inghilterra, sulla scia di programmi tv dove i concorrenti ricevono un budget per dare cene nel proprio soggiorno e vince chi riesce ad attirare più clienti, sta spopolando il fenomeno dell’appartamento improvvisato in ristorante. Catene di amici e buongustai si danno appuntamento su blog e gruppi di Facebook, dove scambiano pareri e indicazioni riguardo alla casa dove si mangia meglio, per poi bussare alla porta altrui all’ora dei pasti.

“Restaurant in our living room” è una trasmissione di Virgin TV che sta riscuotendo successo oltremanica. Regole del gioco.

Due coppie hanno a disposizione poco più di 500 euro per comprare tutto quello che serve per imbandire la tavola e sfamare le bocche degli ospiti fino all’ammazzacaffé. Decidono i concorrenti il menù e per quante persone.

Cena o pranzo devono essere rigorosamente tenuti a casa propria: nel terrazzo, in soggiorno o in cortile. Vince la coppia con il ristorante fai-da-te che riesce a tirar su più quattrini, e non importa se le portate sono da Gambero Rosso o da buttare nella spazzatura.

Far la spesa, cucinare anche per 30 persone e poi lavare pile di piatti è una faticaccia. Pochi - vien da pensare - sarebbero disposti a farla, se non per guadagnare un bel gruzzolo di denaro o comparire davanti alla telecamera, come avviene in “Restaurant in our living room”.

La realtà non è questa. Il programma di Virgin TV ha creato nelle metropoli d’Inghilterra un sottobosco di chef amatoriali pronti a riempire il bagno di cestelli da spumante e il salotto di sedie, per poi aprire le porte della propria casa-ristorante agli sconosciuti.

Il fenomeno, spiega il quotidiano Times, ha avuto origine a Cuba e poi si è trasferito a New York. Negli ultimi mesi Londra ha visto nascere un movimento che conta centinaia di intenditori, dove si deve essere amici di amici o frequentare quel blog o quel gruppo di Facebook per apparire nella lista degli ospiti che possono presentarsi a cena in casa d’altri. I prezzi vanno da poco più di 10 (meglio non immaginare il menù), a oltre 100 euro a persona.

“Può essere stressante - spiega Ellie Grace, fondatrice del ristorante a casa “The Salad Club” a Brixton - ma alla fine della serata, quando le persone se ne vanno entusiaste e lasciano un buon voto sul web, capisci che ne è valsa la pena”.

Il segreto per far conoscere il proprio ristorante fai-da-te è scegliere un nome che rimanga in mente e che si trovi subito online.

“La difficoltà non sta nel cucinare, ma nel riuscire a riempire la sala di persone. Per questo puntiamo sul web: tutte le nostre prenotazioni arrivano da qui. Vogliamo divertirci e creare una comunità con i nostri ospiti”.

Bookmark and Share
top