SNOWMAGEDDON 2010



Qualche giorno fa su Washington DC sono caduti oltre settanta centimetri di neve. La capitale degli Stati Uniti sembrava una gigantesca pista da sci di fondo in mezzo a grattacieli ed edifici governativi.

Grazie alle immagini che mi sono state inviate da Kevin e Claudia, due amici che vivono a DC, pubblico una galleria di "Snowmageddon": il termine è stato coniato dal presidente Barack Obama per indicare la tormenta di neve che ha paralizzato la città e lasciato senza corrente elettrica più di 200 mila persone.

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SUPERBOWL 1984




Ok immagino le obiezioni: "Sei solo un fanatico dei prodotti Apple".

Obiezione accolta. Sono solo un fanatico dei prodotti Apple. Per questa ragione celebro il superbowl di oggi ricordando quello di 26 anni fa attraverso uno spot che mi piace da impazzire.

E' un omaggio a uno dei miei libri preferiti, "1984" di George Orwell. Con questa pubblicità, girata da Ridley Scott (il regista di Blade Runner e Il Gladiatore) e andata in onda durante il superbowl del 1984, Steve Jobs mostrava al mondo il primo Macintosh mai realizzato.

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LA FINESTRA SUL MONDO


the view from your window


Mandate una fotografia di ciò che vedete fuori dal balcone, finirà in un libro. Probabilmente nessuna casa editrice in Italia si azzarderebbe a investire risorse per pubblicare una stramberia del genere.

Eppure sul web c'è chi si è divertito a stimolare la fantasia del prossimo, facendogli compiere quotidianamente per tre anni un gesto talmente semplice da essere apprezzato da migliaia di persone sparse in giro per il mondo: aprire la finestra di casa e fare una foto. Così, senza pensarci troppo su.

L'idea è venuta in mente ad Andrew Sullivan, analista politico conosciuto negli Stati Uniti, che dal suo blog The Daily Dish sul sito della rivista The Atlantic nel 2006 ha lanciato "The view from your window".

I frequentatori del blog hanno risposto in massa inviando foto ogni giorno, al punto che nelle librerie è uscita una raccolta dei 190 migliori scatti provenienti dalle finestre di balconi e tetti dal Texas alla Nuova Zelanda.

Nel libro le foto sono ordinate dall'alba al tramonto, in modo tale da rappresentare una giornata ideale sulla Terra. Sono rappresentati più di 80 paesi del mondo, oltre a tutti i 50 Stati americani.

Potrà sembrare una sciocchezza ma è anche (a mio parere soprattutto) con iniziative fuori dagli schemi come questa che nell'era del web 2.0 è possibile costruire mese dopo mese un pubblico di lettori fedeli, che non vedono l'ora di essere coinvolti realmente e partecipare virtualmente, senza muoversi da casa.

P.S. Questo è quello che vedo ogni giorno dalla finestra della mia casa di Ravenna. Non è granché. Potrei mandare la foto ad Andrew Sullivan.

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RISPARMIO SUPER SUL WEB 2.0





Ecco un'idea talmente semplice che ancora non era venuta in mente a nessuno. Risparmio Super è uno di quei siti web destinati a sfondare perche permette di fare qualcosa che interessa a chiunque: spendere meno soldi.


Ogni volta che apriamo la cassetta della posta ci ritroviamo sepolti da una valanga di volantini pieni di offerte di discount e supermercati che attirano migliaia di famiglie messe in ginocchio dalla crisi. Ma spesso si tratta di un modo per adescare il cliente e rifilargli un prodotto che tanto in offerta non è e che magari altrove costa meno.


Iscrivendosi online a Risparmio Super si possono evitare fregature perchè il sito contiene una banca dati in continuo aggiornamento che confronta i prezzi delle offerte promosse dalle diverse catene di discount, mettendo in luce la più conveniente.


Il servizio, gratuito ma attivo per ora solo nelle grandi città, consente anche di inserire la lista della spesa: a seconda dei prodotti digitati il sito segnala il supermercato dove si spende mediamente di meno. In questo modo si evita di buttare tempo in macchina tra un discount e l'altro a caccia dell'offerta migliore.


Risparmio Super è apparso sul web solo da un mese eppure si è già fatto conoscere: qui l'articolo della Stampa di Torino.

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IL PAESE DI OBAMA





"Convinto di poter esercitare la leadership americana solo costruendo alleanze, impegnato a tentare il dialogo con i più acerrimi avversari dell'America, sicuro di poter rilanciare la crescita globale grazie a un modello energetico basato sulle fonti rinnovabili e interprete di un'identità postmoderna che va oltre i confini etnici e razziali, Barack Obama è protagonista di una scommessa politica che va oltre i confini degli Stati Uniti ma può essere vinta solo se verrà condivisa da coloro ai quali lui tende la mano. La maggior forza del "progetto Obama" è anche il suo evidente tallone d'Achille: il presidente, che rischia il prestigio della nazione più potente del pianeta nella "trasformazione del mondo", va incontro a una inesorabile sconfitta se non troverà partner e interlocutori pronti a raccogliere la sua sfida. Il vero pericolo per Obama è restare solo, apprezzato ma isolato"

Il passaggio è tratto dal "Paese di Obama - Come è cambiata l'america", l'ultimo lavoro di Maurizio Molinari, corrispondente della Stampa negli Stati Uniti. Sono le frasi che più mi sono rimaste in mente di tutto il libro. Il problema è che si trovano all'ultima pagina.

Premessa: Molinari scrive che è un piacere ed è sempre documentatissimo. Non parla mai a vanvera e racconta i fatti con cognizione di causa. Conosce la storia degli Stati Uniti e i gli uomini chiave delle ultime amministrazioni americane come pochi. Ogni mattina quando sfoglio la Stampa leggo in genere per primo il suo pezzo e - una rarità nel panorama dei giornali di oggi - so di informarmi come si deve sull'argomento, senza alcuna faziosità.

Eppure il "Paese di Obama" non mi ha convinto, a cominciare dal titolo.

Il "Paese di Obama" è una realtà che ancora non esiste: il Presidente Usa non è nemmeno a metà del suo (primo) mandato e per il momento ha realizzato una minima parte dei sogni che hanno spinto milioni di americani a votarlo alle urne. L'America di Obama è una realtà in costruzione, un colossale work in progress.

Molinari lo sa e per questo motivo per la maggior parte del libro parla d'altro: l'attenzione è concentrata sulla cronaca della campagna elettorale che, città dopo città, Stato dopo Stato, ha portato Barack Obama prima a prevalere su Hillary Clinton alle primarie democratiche e poi a sconfiggere il repubblicano John McCain, diventando il primo Presidente di colore degli Stati Uniti.

Questo non è necessariamente un male, se non fosse che il "Paese di Obama" è uscito a ottobre 2009, un anno dopo l'elezione del presidente Usa.

Si tratta quindi di una pubblicazione fuori tempo massimo in tutti sensi: se Molinari voleva raccontare il successo elettorale dell'attuale Presidente, ripercorrendo le tappe e i luoghi della campagna dei democratici, avrebbe dovuto farlo mesi prima, quando Obama giurava davanti ai due milioni e rotti di persone stipate come sardine nel Mall di Washington D.C.

Se invece il corrispondente della Stampa intendeva scrivere una specie di preludio alle riforme della presidenza Obama, avrebbe dovuto aspettare: nel "Paese di Obama" infatti non c'è alcun cenno riguardo a eventi decisivi degli ultimi mesi come il braccio di ferro con l'Iran, la mancata chiusura di Guantanamo, il tentativo di cambiare la sanità del paese, la ripresa economica, le misure messe a punto dall'amministrazione per limitare i danni provocati dai titoli tossici di Wall Street, il rafforzamento delle truppe in Afghanistan, il Nobel per la Pace affibbiato a sorpresa al Presidente Usa.

Ecco perchè il "Paese di Obama" lascia l'amaro in bocca. Un vero peccato, considerando che a scrivere è un giornalista della caratura di Molinari.

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